Poche persone si sono spinte fin dentro i sotterranei di Agrigento, vuoi per paura, vuoi per buon senso, e per questo diverse leggende si sono accavallate durante questi secoli, soprattutto per il sotterraneo più importante, il “Labirinto”.
Perché in effetti, consta di una serie di meandri in parte naturali, in parte fatti dall’uomo, ognuno dei quali si ramifica per collegarsi con altri ambienti.Una delle leggende più avvincenti racconta che il famoso toro di Falaride sia stato nascosto in uno dei vari stanzoni del Labirinto, nel silenzio e nel buio perenne. Un’altra leggenda racconta addirittura che dentro il Labirinto si trovi una “Carrozza tutta d’oro”.
Per “ipogei agrigentini” si intende una miriade di cunicoli scavati, in buona parte dall’uomo, sotto l’antica città di Akragas; ma se ne trovano anche fuori le mura. La loro funzione era quella di raccogliere le acque sotterranee. Quasi tutti hanno la forma di un parallelepipedo alto in media cm. 1,85 e largo cm. 80. Il buio vi regna sovrano, il silenzio è rotto dal dolce tintinnìo di gocce che trasudano dalle pareti.
Gli ipogei sono tutti scavati nel tufo arenario conchiglifero che caratterizza il sottosuolo agrigentino, e non sempre è possibile visitarli per tutta la loro estensione, perché frane naturali o provocate dall’uomo ne ostruiscono il passaggio.
Certe volte invece è possibile arrivare fino alla fine dei cunicoli. Nelle pareti si notano ancora perfettamente i colpi delle picconate, nonché le brune forme delle lucerne ad olio, che messe in apposite nicchie, rischiaravano il pesante lavoro degli schiavi.
Una passeggiata per percorrere la storia di una città tanto bella quanto misteriosa che nasconde al suo interno diversi magnifici reperti di valore archeologico.
In attesa di confondersi tra le luci e le ombre della Valle dei Templi… Aspettiamo di vedervi presso gli ipogei dell’antica città di Akragas.
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